Abbandonato Roma alla furia dei Tedeschi, Badoglio e gli altri fuggiaschi cercano di addossare al generale Carboni colpe inesistenti

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Di Santi Maria Randazzo

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Potremmo definire ‘Colonna Infame’ quella che alle prime luci del 9 settembre 1943 lasciava clandestinamente Roma, coperta dall’inerzia concordata dei Tedeschi che con la loro aviazione seguirono la fuga della colonna, composta dall’intera famiglia reale, dal capo del Governo e Maresciallo d’Italia Badoglio, dal generale Ambrosio capo di Stato Maggiore, dal generale Roatta capo di Stato Maggiore, dai ministri del governo e da altri generali e alti ufficiali di Stato Maggiore. Fu solo grazie alla autonoma iniziativa del generale Giacomo Carboni, che era stato proditoriamente mandato a Tivoli in attesa di ordini annunciati ma che non vennero inviati, che le truppe tedesche vennero affrontate per ben due giorni, coprendo, così, lo sbarco alleato a Salerno.

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Nelle settimane successive nell’opinione pubblica era ormai maturata la convinzione della colpevole mancata difesa di Roma da parte del generale Badoglio e degli altri generali dello Stato Maggiore dell’esercito italiano: ciò indusse costoro a montare una campagna denigratoria e accusatoria nei confronti del generale Carboni che, unico, aveva inteso onorare il suo giuramento verso la patria.

Solo il generale Giacomo Zanussi, successivamente, metterà in risalto la correttezza del comportamento del generale Carboni che, a causa delle false accuse di Badoglio e degli altri, venne perfino sottoposto ad un processo da cui usci indenne. Per fare chiarezza sulle reali responsabilità della mancata difesa di Roma e sulle sue motivazioni, il tenente colonnello Alfredo Sanzi ha voluto dare la sua testimonianza nel suo libro “Il Generale Carboni e la Difesa di Roma, visti ad occhio nudo”, nel quale riabilità totalmente Carboni ed elenca quelle che, agli occhi dei fuggiaschi che lo accusarono, furono le “Colpe” del generale Carboni.

  1. Non essere mai stato un imbecille o un rammollito: non essere mai stato disposto a servire nessuno, piegando la schiena e subordinando la propria personalità ed il proprio pensiero a superiori che tali deficienze avessero.
  2. Essere stato, fra i generali italiani, se non l’unico, per lo meno il più acceso e deciso antitedesco e il più combattivo avversario della nostra entrata in guerra a fianco della Germania.
  3. Avere osteggiato apertamente tutti gl’intrighi e qualche Assurda concezione strategica dell’Alto Comando e dello Stato Maggiore.
  4. Essere stato l’uomo più deciso e pronto all’azione nel colpo di stato del 25 luglio; testimone incomodo delle manovre che lo trasformarono poi in una farsa tragica a tutto danno degl’Italiani.
  5. Essersi opposto all’accettazione dell’armistizio capestro Badoglio-Castellano, la sera dell’8 settembre 1943ed avere dimostrato nella circostanza, con lungimirante previsione delle dolorose e sciagurate conseguenze cui ci avrebbe portato e che ancora oggi pesano crudelmente sul nostro destino, quanto esso fosse fatale.
  6. Essersi rifiutato di cedere il comando del corpo d’armata motocorazzato per unirsi nella fuga agli audaci levrieri di Pescara.
  7. Essere tornato da Tivoli a Roma a combattere, nella giornata del 10 settembre ‘943, per salvare l’onore delle armi e dell’esercito italiano, senza ordini, anzi contro gli ordini che gli avevano prescritto di ripiegare su Tivoli, orientandosi a proseguire verso est … alla ricerca dei capi in fuga.
  8. Non aver saputo trovare in quelle giornate di settembre, ed in quelle successive del periodo clandestino un modo qualsiasi per sopprimersi o lasciarsi sopprimere, sollevando così dall’incubo della sua presenza terrena i fuggiaschi di Pescara.
  9. Invia subordinata non aver accetto il compromesso dopo la liberazione di Roma, ed essersi rifiutato di tacere in fraudolenta rassegnazione, lasciando che l’abile mistificazione creata a Brindisi e somministrata all’opinione pubblica attraverso le elucubrazioni radiofoniche di Badoglio, portasse i suoi benefici effetti e salvasse dalla vergogna e dalla condanna i traditori di Pescara.
  10. Non aver altresì taciuto che il genero del re, generale Calvi di Bergolo, oltre ad essersi ripetutamente rifiutato di combattere contro i tedeschi, aveva con questi trafficato la resa di Roma; che il Comitato di Liberazione di Roma. Al quale il generale Carboni si era rivolto il mattino del 10 settembre ‘943, per ottenere la sollevazione della popolazione contro i tedeschi, vi si era rifiutato. (1)

Bibliografia:

  1. Alfredo Sanzi – Il generale Carboni e la difesa di Roma, visti ad occhio nudo – Vigliotti Editore – Torino 1946 – pp. 11-16.

 

 

 

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